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Music - Music Labels - Interview | by SuccoAcido in Music - Music Labels on 01/01/2003 - Comments (0)
 
 
 
Wallace records / Mirko Spino

Sono certo che tutti i lettori abituali di Succo Acido (cioè coloro che vanno in Acido quando Succo non riescono a leggerlo) abbiano in casa almeno un disco Wallace. E che ne siano coscienti. Mi spiego meglio: i dischi Wallace non sono uno di quei prodotti che si possono acquistare distrattamente magari spinti dalla solita pubblicità strillante e ruffiana (dai, parliamo chiaro, quanti "dischi imperdibili" abbiamo seppellito nella polvere dei nostri scaffali e del nostro fosforo? Non ne ricordiamo più neanche i titoli, ma sappiamo tutti che CI SONO, NdLYS), chi lo fa è CONSAPEVOLE di comprare un disco Wallace. Un disco coraggioso, spesso più avanti rispetto a molti altri, qui in Italia. Qualcosa che non evita il rischio, ma ci va a braccetto e trabocca di idee. Qualcosa che "suona" diverso anche fermo su uno scaffale, perché sono spesso le splendide copertine di Mirko Spino (mente dietro il progetto Wallace) a dargli aspetto dissimile. I dischi e gli artisti Wallace sono quindi spesso stati ospiti di Succo Acido, perché "spiriti affini" entrambi affascinati da un concetto di arte onnicomprensiva, e forse era ora, dopo avergli lasciato visitare tutte o quasi le nostre stanze... invitare Mirko a sedere nel nostro salotto buono, quello con gli strappi meno evidenti e le macchie di caffè e sperma che ben si camuffano nel furbo e variopinto copridivano a fiori.

 
 

SA: Benvenuto Mirko. Dunque, evitando la solita storia del papà per cui "tutti i figli sono uguali ecc. ecc." Dimmi quali sono i dischi Wallace di cui vai più orgoglioso. Quelli per cui ti vien voglia di gridare "l’ ho fatto io!!!"

MS: Cazzo, mi hai preso in contropiede e mi hai anticipato la risposta. Cercherò quindi di spiazzarti dandoti il fatidico nome: A Short Apnea "Illu ogod ellat rhagedia". Avrei mille motivi extra-musicali per definirlo "il disco di cui vado più orgoglioso", dato che quella band è composta da persone con cui condivido un’amicizia intensissima, ma questo vale anche per altre band che lavorano con me. Semplicemente, da ascoltatore, lo ritengo un disco immenso (sottoscrivo, NdLYS)

SA: Ora una proporzione: di un disco, quanto appartiene all’artista e quanto all’etichetta? Non parlo in termini di rientri (o perdite) economiche. Parlo di sensazioni, sentimenti, queste cose qui che credo siano ancora forti, a livello emotivo, nelle piccole etichette.

MS: Il disco è della band. Punto. Credo che tutti i dischi che ho fatto uscire sarebbero potuti tranquillamente essere autoprodotti o pubblicati su altre etichette, senza sminuire il loro valore. Detto questo specifico che mi piace molto essere considerato l’elemento aggiuntivo del gruppo, quello che guarda dall’esterno e si compiace del risultato insieme ai musicisti. Non potrei produrre un disco senza un forte coinvolgimento emotivo. Spero e credo che le band se ne accorgano e mi piace pensare che vogliano continuare a lavorare con me per questo motivo. QUESTA E’ LA DIFFERENZA TRA LE PICCOLE E LE GRANDI ETICHETTE. Alla luce di questo c’é solo da stabilire chi sia il piccolo e chi sia il grande.

SA: Molte recenti uscite Wallace sono venute fuori come coproduzioni con Bar La Muerte e Beware! di Bruno Dorella e John Vignola. Ricordo che quando si misero insieme le forze per organizzare l’Offest, in molti speravamo che quella congiunzione astrale tra tante unità satelliti avrebbe dato ulteriori frutti. Mi pare che forse quella che voi avete realizzato sia stata l’unica con una qualche efficacia. Come funzionano esattamente queste coproduzioni? Come vi dividete i compiti?

MS: Onestamente una (RUNI) delle coproduzioni con Bruno e John erano decise prima dell’Offest, quindi si può tranquillamente concludere che l’Offest non abbia dato risultati in questo senso, anche se non ne sono convinto in pieno. Ho fatto coproduzioni anche con Burp, A la coque, Earwing e Freeland: in pratica ho coprodotto dischi con persone umanamente amiche ed affini, in cui ognuno ha rivestito il ruolo che più gli calzava. Preciso che qualunque disco esca con il mio marchio (coprodotto o meno) è un disco in cui mi rispecchio ciecamente, quindi nelle mie coproduzioni tendo ad occuparmi di tutto: grafica, tempi di realizzazione e promozione, spese, SIAE, spedizioni, sito, rassegna stampa, varie ed eventuali.

SA: Qual è il rapporto con i distributori italiani?

MS: Parlo del mio, con cui ho un rapporto di distribuzione esclusiva: Audioglobe. I rapporti con loro sono ottimi ed amichevoli, seguono con interesse le mie produzioni e mi supportano per quanto possibile. Con altri distributori ho avuto contatti sporadici e comunque mi sono sembrati persone competenti e "a modo" (White ‘n Black, Venus e Goodfellas). C’è un distributore che mi sta proprio sui coglioni perché in diverse occasioni si è dimostrato arrogante e più incline alla lira (tempi passati, si può parlare di lire…) che al contenuto musicale…ma non si possono fare i nomi….

SA: Non vedo perché….magari sta sui coglioni anche a me, e questo potrebbe ottimizzargli l’equilibrio. Anyway, in futuro è probabile sarai ricordato come "quello che hai lavorato con Bugo" quindi ti chiedo se hai ascoltato il suo disco per la Universal. Cosa ne pensi, del disco e del "fenomeno" ?

MS: Il disco di Bugo su major lo conosco da quasi un anno, ne sentii subito le registrazioni su 4 tracce ed il mixaggio appena finito. I RUNI ed io consigliammo a Cristian Bugatti di contattare Fabio Magistrali (in quanto "er mejo") per mettere mano alle sue ottime canzoni, per arrangiare quello che ritengo uno dischi pop migliori prodotti in Italia da anni. Per la cronaca è bene sapere che le registrazioni di quel disco se le è pagate Cristian, ignaro dell’ignobile fine discografica che avrebbero fatto. Quel CD sarebbe potuto finire anche autoprodotto nelle intenzioni dell’autore (ed è uno dei pregi che gli riconosco: l’ingenuità). Sarei portato a dirti che farò di tutto d’ora in poi per non essere ricordato come quello che ha lavorato con lui, ma in questo modo gli darei comunque un’importanza che non si merita né dal punto di vista umano né da quello artistico rispetto alla realtà della mia etichetta. Quindi mi limiterò a non ristampare più i suoi dischi e mandare a fare in culo tutte le agenzie rampanti con gli euro nelle pupille che mi chiamano e mi trattano da talent scout. Per quello che riguarda il fenomeno che ne seguirà penso che non ci vuole poi molto a creare dei fenomeni mediatici quando si hanno palate di soldi, sarebbe da commercianti incapaci non farlo.

SA: A proposito di soldi, economicamente parlando è più conveniente far uscire i dischi con le tue splendide copertine cartonate o col solito freddo supporto per CD?

MS: Mi sa che la risposta la sai già: si spende circa una volta e mezza di più. Se io facessi CD con la solita plastica (con il fondo grigio topo e 4 pagine di copertina) ti potresti masterizzare il CD, fotocopiare/scannerizzare la copertina e alla fine avresti in mano un "oggetto" piuttosto simile. Con i miei CD è un po’ più difficile: se ci provi spendi sicuramente di più. Nel caos di mp3 e CD-R è piuttosto importante distinguere chi, con il suo acquisto, ha partecipato alla produzione del CD e ad incentivare me ed il gruppo ad andare avanti, dato che una vendita ha per me un valore maggiore che il semplice il contribuito a dimezzare le spese di stampa e limitare le perdite, e per il gruppo ha un valore maggiore che dimezzare le spese di studio e dimezzare le perdite. E poi sono uno schifoso feticista vinilista e ritrovandomi costretto a stampare CD non posso che fare delle confezioni ricercate.

SA: Il mondo discografico italiano, anche quello underground è ricco di passione ma anche di furberie e ignobili carognate. Non hai mai pensato di farti caro qualche giornalista sperando in qualche "buona parola" per i tuoi dischi? Te lo chiedo perché so che hai, ovviamente, delle amicizie nel circuito giornalistico…John Vignola, Stefano Paternoster, Francesca Ognibene, ecc. Ti è mai balenato in mente di "sfruttare" queste situazioni?

MS: Sei stato fin troppo stringato nella tua lista, aggiungerei tranquillamente altre 50 persone che conosco da anni, alcune anche di persona ed anche piuttosto bene, amicizie magari nate parlando dell’ultimo disco di tizio o caio. E sottolineerei il significato del tuo "ovviamente". Mi sembrerebbe ipocrita non dire che conosco bene Marco Di Dia di Succo Acido e che io e te ci scriviamo da un paio d’anni. Ciononostante non mi sembra di aver goduto di attenzioni particolari da Succo Acido, né lo avrei tollerato. Se vi occupate oggi della Wallace è perché, con tutta l’immodestia del caso, se lo merita nella misura in cui se lo sono meritate altre realtà simili di cui vi siete occupati. Non avrei tollerato nemmeno che S.A. non si fosse occupato della Wallace solo perché vi conosco e quindi c’ è la paura reciproca di cadere nel "conflitto d’interessi" perché qualcuno può averci visto insieme mentre mangiavamo pane e meusa al Malox. Musicisti, etichette, conduttori radio, giornalisti e organizzatori di concerti nel nostro piccolo tendono a mischiarsi, spesso le stesse persone ricoprono ruoli diversi, questo ci da la misura di quanto sia piccolo il nostro mondo di cultori dell’underground e se qualcuno pensa che mi recensite i dischi perché vi ho offerto una birra allora farebbe bene ad indagare bene sulle dinamiche dei nostri rapporti, magari conoscendoci di persona. Ti posso assicurare che nella maggior parte dei casi (esemplari i nomi che hai citato) la paura di apparire "quello che recensisce o intervista tizio solo perché è suo amico" mi ha sempre segato opportunità più che aiutato.

SA: So comunque che sei un attento lettore e che ti sei anche dilettato a scrivere, talvolta. Ti chiedo pertanto di darmi un giudizio sincero su alcune testate italiane… a. Blow Up, b. Equilibrio Precario, c. Mucchio Selvaggio, d. Rockerilla, e. Rock Sound, f. Rumore, g. Succo Acido

MS: Domanda difficile e lo sai bene (mi vuoi rovinare…), ma cercherò di risponderti comunque, anche se per semplicità raggruppo…

a,c,d) Blow Up, Mucchio, Rockerilla

Leggo volentieri alcuni articoli e recensioni, hanno degli ottimi e competenti collaboratori, mentre ne hanno altri che sembrerebbero fuori posto anche su Donna Moderna. Il fatto è che, non so se è colpa loro o dell’attuale periodo storico-musicale, non riescono ad interessarmi da molto tempo. Non c’è niente che mi faccia venire voglia di acquistare un disco e se non vado errato è questo il loro obiettivo professionale. Blow Up è sicuramente la rivista che seguo con più interesse, ma spesso mi trovo ad usarla come bollettino di uscite discografiche.

Inoltre (esempio che calza un mese si ed un mese no) non vedo perché dopo 8 anni dal successo planetario di "Mellow Gold" ci debba essere Beck su una copertina. Ci potrebbero essere diversi motivi:

1. Lo si sta storicizzando come fosse i Velvet Underground, e non mi sembra sia così;

2. Si cerca di far arrivare "finalmente" della musica nuova in Italia, anche se con 8 anni di ritardo rispetto al mondo, e non mi sembra sia così;

3. Il suo ultimo disco è un vero capolavoro, tanto da far dimenticare quanto sia scontato metterlo in copertina, e non mi sembra sia così;

4. Il distributore di Beck sarà particolarmente generoso in pubblicità, ed anche se ci fa un po’ schifo, ce lo mettiamo comunque in copertina perché così abbiamo le restanti pagine della rivista per parlare d’altro, e non mi sembra sia sempre così;

5. Non c’è proprio niente di meglio da fare, ma nemmeno l’ultima uscita della Secretly Canadian da mettere in copertina. Mi deprime ma mi piace pensare sia così.

Ma se fosse la 4 la risposta corretta…allora mi chiedo: di che altro parlare? Jon Spencer? I Nirvana? O i Cranberries? Peggio ancora: gli Afterhours ed i loro stupidi tour autopromozionali e le loro canzoncine mancate da Tv Sorrisi e Canzoni?

Il mio rammarico nei confronti di queste riviste è che hanno un potenziale culturale, umano, mediatico e promozionale notevole ma non hanno una linea editoriale precisa, ed averla è a mio avviso l’unico motivo per cui fare una rivista musicale.

e,f) Rocksound, Rumore

Non li leggo, quando mi capitano mi divertono. Mi spiace perché hanno un passato (parlo di Rumore) validissimo e ci collaborano giornalisti in gamba che però hanno spesso la stessa considerazione dei numeri a piè di pagina.

b,g) Equilibrio Precario, Succo Acido

Ritengo le fanzine (ma non solo queste due e non solo la carta conta — ci sono ottime equivalenti webzines) le realtà più vicine alla mia etichetta come spirito, attitudine e finalità, forse anche perché non necessitano del mercato per stare in piedi. Questa "mancanza di confronto con la realtà" può essere (e lo è spesso) criticata, ma penso che alla fine sia il miglior incentivo alla libertà creativa. Le riviste da edicola si sono già scontrate tutte con il necessary evil ed ognuna né è spuntata e sputtanata a suo modo. Non è deprecabile in sé trovare un equilibrio tra mercato ed esigenza espressiva editoriale, dipende solo da dove si posa il fatidico paletto, ed io preferisco che il paletto si posi in totale favore della proposta musicale.

SA: Numeri, Mirko. Quanto vende in media un disco Wallace? A guardare i dati di vendita ufficiali, mi viene da pensare che chi mette su un’etichetta come la tua sia un suicida, o qualcosa di assai simile.

MS: La media è difficile da fare : si va dalle 100 alle 1500 copie per prendere gli estremi, ma se proprio devo sparare un numero ti dico 300 copie. Vendere 100 copie può sembrare deprimente (e lo è) ma è anche vero che ci sono dischi stranieri ben distribuiti, pubblicizzati e recensiti in Italia che vendono 20 copie. In tutto ciò il conforto è quello di sentirsi stronzo ma non l’ultimo degli stronzi. Sono convinto che se mi mettessi a fare intere pagine pubblicitarie del disco che ha venduto 100 copie potrei forse arrivare a 120, controprova è che il disco che ne ha vendute 1500 ha avuto un’azione promozionale da parte mia di 3 cm quadrati su una rivista per un solo mese. Comunque SI, è una strada economicamente suicida, percorribile solo nel caso ci si voglia dedicare gran parte del significato della propria vita e per queste cose, si sa, non ci sono deterrenti.

SA: Bello vedere il tuo nome finalmente da "questa parte" del disco, dentro l’album di remix dei R.U.N.I. Com’ è il Mirko "musicista"?

MS: Semplice: non lo è. Non nascondo che mi diverto un casino a campionare, loopare, distruggere e ricostruire, capire che cazzo stanno facendo i miei amici quando muovono le mani sul mixer et bla bla… ma ho realizzato da anni che non sono un musicista e che non ho niente da dire. Il remix dei RUNI è stato un divertissement, ci sono alcune mie parti anche sugli album di Tasaday e Pornography, e sono pure soddisfatto dei risultati, ma non vado più in là perché rasenterei il ridicolo. M’imbarazza parlare di questo…

SA: E quest’idea del remics per RUNI, cosa insolita nel tuo catalogo, com’è nata? Hai coinvolto tu i musicisti presenti?

MS: No, no! Il tutto gravita intorno al mondo dei RUNI. Forse qualche mio contatto può essere stato utile ma credo che "Il cucchiaio infernale" e la loro musica in generale si siano prestati benissimo al remics. Non è detto che l’esperienza non si ripeta, comunque non mi risulta che la pratica sia consueta in generale nelle indie italiane, e manco tanto in quelle straniere (si, va bene, ok… …avevo in mente la serie 12.x della thrill jockey, anche nella grafica).

SA: Nella tua etichetta girano alcuni tra i nomi in qualche maniera più "estremi" del circuito italiano. Cosa deve avere un artista per affascinarti? Coraggio? Fantasia? Tecnica? Come scegli gli artisti da far uscire col logo Wallace? Ascolti delle demo, giri per concerti, ti fai guidare da qualche "dritta?

MS: Faccio tutto quello che citi, con una riserva sulle "dritte" (dipende da chi arrivano), ma non lo faccio per piazzare il logo, lo faccio perché mi piace andare ai concerti e perché ascoltare i demo è una questione di rispetto basilare per coloro che spendono un CD-R ed un francobollo. E’ bene precisare tuttavia che non ho mai prodotto un CD perché ho aperto una busta arrivata per posta ed ho pensato "cazzo questi sono fighi". Quasi nessuna delle etichette che conosco l’ha mai fatto, e questo può servire ai gruppi per far capire quanto sia utile l’attività di "spamming" del loro demo. Non so assolutamente cosa deve avere una band dal punto di vista stilistico per piacermi, se avessi trovato la formula il tutto diventerebbe una noiosa routine ("i dischi della Wallace"). Di certo mi piacciono le musiche difficili ed estreme, ma ancor di più se sono personali e sicuramente coraggiose e fantasiose (di tecnica non capisco un granché, ma non mi sembra che abbia tanto a che fare con l’arte). Tuttavia sono un grandissimo fan dei RUNI, che sono un grandissimo gruppo d’immediatezza pop.

SA: Che tipo di contratto lega i tuoi artisti alla Wallace?

MS: Nessuno. Non ho mai stipulato un contratto e non ne sento la necessità. Ho lavorato con una quindicina d’artisti dandogli la mia parola e prendendomi la loro. Ad oggi chi ha lavorato con me sembra che voglia continuare a farlo, tranne uno, e questo é un gran motivo di soddisfazione personale. Se domani qualcun altro dovesse andarsene su un’altra etichetta non ci prenderei un euro, ma preferisco così.

SA: Portaci un po’ a spasso negli studi Wallace, per finire. Facci una foto dettagliata di quello che c’ è. E magari di quello che vorresti ci sia ma non puoi permetterti.

MS: Più che di studi Wallace si può parlare di studio Wallace, "studio" inteso come spazio in casa alla stregua di "soggiorno" ed "angolo cottura". Nonostante io riceva Cd promozionali "alla cortese attenzione del direttore artistico" ed email di "richiesta di appuntamento presso la Nostra Sede". La Wallace è fatta da me come persona fisica, dal mio PC, da qualche scaffale con i dischi e 4 documenti, e dai dischi presso Audioglobe, e più romanticamente aggiungo dai musicisti che collaborano con me e dalle loro stanze con le chitarre ed i 4 tracce, e dalle persone che anche se non coinvolte direttamente mi danno motivo di fare dischi, compreso chi li acquista. Non ci vuole granché a fare l’etichetta con scopi editoriali e di condivisione di esperienze artistiche, culturali ed umane, basta averne veramente voglia, ed io dopo una trentina di dischi ne ho ancora più voglia che dopo il primo.

 


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Bibliography, links, notes:

pen: Franco "Lys" Dimauro

link: http://www.wallacerecords.com/

 
 
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