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Music - Musicians - Interview | by SuccoAcido in Music - Musicians on 01/04/2002 - Comments (0)
 
 
 
Cut

I CUT hanno alle spalle sei anni passati condividendo i palchi con gente del calibro di Unwound, Royal Trux, e Make Up, oltre che ad incidere due album, Operation Manitoba e Will U Die 4 me?, ed il nuovissimo ep Torture. Dischi che molto hanno contribuito a soffiare vitalità sull’underground Italiano. Niente sperimentazioni e voli pindarici, semplice e maledetto rock n’ roll inacidito, rumoreggiante, noir ed umorale come ultima soluzione…Abbiamo fatto due chiacchiere con Ferruccio e Carlo, chitarre e voci del gruppo Emiliano, nonché fondatori della Gamma Pop.

 
 

AP: "Will U Die 4 Me?" è uscito due anni dopo "Operation Manitoba", cosa c'è dentro questo lasso di tempo?

Praticamente di tutto…a partire dai cambi di formazione che sono avvenuti fino alla nostra collaborazione a un cortometraggio (Will U Die 4 Me?), passando per la registrazione dell’album stesso. Sono stati due anni molto intensi. Il ‘99 l’abbiamo passato a suonare in giro e a comporre i brani che avrebbero costituito l’ossatura di Will U Die 4 Me? Nel 2000 invece abbiamo partecipato al cortometraggio di cui sopra (scritto e interpretato da Elena e diretto da Cinzia Bomoll, regista indipendente bolognese) e abbiamo registrato l’album. Nel frattempo a causa dei cambiamenti di formazione e delle non buone condizioni di salute di qualcuno di noi abbiamo dovuto interrompere l’attività live. Poi a Febbraio 2001 è finalmente uscito l’album e da quel momento abbiamo suonato parecchio in giro, grazie anche all’arrivo di Francesco, il nostro nuovo batterista. Questo per fartela breve. Come vedi la nostra è una storia tormentata e intensa. Non saremmo i CUT se non fosse così

AP: Che peso ha avuto la produzione di Juan Carrera?

Enorme, Juan ci ha dato la sicurezza di quello che volevamo. E’ stato bravissimo nel tirare fuori l’essenza cruda del nostro suono, mettendoci del suo, ma tenendo presente innanzi tutto che, come lui stesso afferma, quello che conta in una registrazione è che la band sia felice del risultato finale. Un fonico serve principalmente ad interpretare i desideri del gruppo trovando il modo migliore per metterli in pratica, senza compromettere la propria filosofia di lavoro e senza “taroccarne” i suoni. Detta così sembra una presa di posizione remissiva ma in realtà l’apporto di Juan è stato massiccio: è riuscito a tradurre su nastro il nostro sound e per certi versi a migliorarlo. Quello che abbiamo imparato con lui lo applichiamo adesso anche al di fuori dello studio, nei concerti e in tutte le altre occasioni. Siamo veramente contenti di come suona il nostro album e ci piacerebbe avere l’onore di poter lavorare ancora con lui.

AP: Cut/GammaPop: come dividete il vostro tempo tra le due attività? Qual è il vostro ruolo nell'etichetta?

All’interno di Gamma Pop mi occupo di un po’ di tutto. Principalmente lavoro, insieme a Carlo, all’organizzazione di eventi legati alla presentazione di dischi o di iniziative dell’etichetta. Mi occupo anche di promozione e corrispondenza con i media ma anche degli aspetti più strettamente legati alla produzione discografica. Carlo si occupa fondamentalmente della gestione del catalogo e del mail order online, Filippo invece della produzione in prima persona, degli accordi con i distributori, agenzie etc., etc. E’ lui che gestisce tutta la parte amministrativa ed economica, oltre a essere il principale selezionatore del materiale promo. Luca G dei Julie’s è entrato da poco e si occupa principalmente di promozione. Per gli aspetti decisionali tendiamo a essere più “collegiali” possibile, cercando di essere convinti tutti al 100% di ogni proposta che facciamo. Il rapporto CUT/Gamma Pop è molto simbiotico. Del resto siamo stati Carlo ed io che insieme a Filippo abbiamo iniziato a pensare l’etichetta. Da sempre lavoriamo per Gamma Pop e quindi sarebbe ipocrita dire che i due discorsi non abbiano più di un punto in comune anche se facciamo di tutto per tenerli separati. A volte, purtroppo, ho avuto la sgradevole sensazione che l’interesse che qualcuno, soprattutto tra gli addetti ai lavori, mostrava per i CUT fosse solo un modo per avvicinarsi a Gamma Pop ma tant’è, sono i rischi del mestiere.

AP: Dicevi che avete avuto la spiacevole sensazione che qualcuno si avvicinasse a voi come tramite per GammaPop: gruppi, label, giornalisti...?

Sì, a volte dopo i concerti qualcuno si avvicina per farti i complimenti solo per poi allungarti una copia del promo della propria band…ma lo capisco, anche noi se non ci fossimo costruiti un’etichetta saremmo nella situazione di molti di questi gruppi. Del resto se scelgono Gamma Pop evidentemente apprezzano i gruppi prodotti dall’etichetta e tra questi gruppi ci siamo anche noi, quindi siamo comunque lusingati da queste situazioni. Solo che a volte vorresti essere apprezzato solo ed esclusivamente come musicista senza l’ombra dell’addetto ai lavori che si allunga dietro di te. Del resto ci siamo scelti noi questo doppio ruolo e dobbiamo accettarne le conseguenze anche se a volte lasciano un po’ l’amaro in bocca…

SS: Parliamo adesso della vostra ultima “fatica”:Torture…

L’ep esce a fine marzo, e rappresenta l’ultimo disco con Elena in formazione. Non ci sono stati contrasti, semplicemente abbiamo deciso di comune accordo di dividere le nostre strade per via di interessi individuali. I pezzi che fanno parte di Torture sono stati composti tra la registrazione di Will U Die… e l’uscita dello stesso disco, e sono stati suonati durante il tour che ne ha seguito l’uscita, per cui rappresentano un compendio essenziale a quel lavoro.

SS: Mi ha colpito molto vedere una cover di Prince in scaletta, tra l’altro un brano molto noto, in una versione decisamente originale. Come mai questa scelta?

Si è trattato di una cosa abbastanza casuale, ed è stato naturale interpretare “Sign o’the times” a modo nostro, poiché non avrebbe avuto senso riproporlo come l’originale. Rifare un pezzo classico è una mossa sicuramente interessante ma anche rischiosa, alla fine ti confronti con l’artista, con l’epoca storica e con le persone che lo hanno ascoltato. Inoltre siamo tutti molto legati a questo brano, da un lato perché siamo cresciuti musicalmente nella seconda metà degli anni 80, e dall’altro perché esprime un’ansia dei tempi, (allora, in piena guerra fredda, si temeva il rischio di una guerra nucleare) tornata terribilmente attuale. E poi Prince, come buona parte della musica nera, ci piace perché nella sua musica, al di là dell’aspetto ritmico e dell’uso delle voci che sentiamo molto vicino, ogni elemento è significativo, non ci sono mai orpelli inutili, è quasi minimale.

AP: Come viene gestita la creatività all'interno del gruppo?

Non esiste un vero e proprio songwriter. Si parte in genere da un giro di chitarra, un groove di batteria o un accenno di cantato che poi vengono sviluppati da tutti noi suonando insieme. E’ un processo più lento di altri forse ma che garantisce il pieno controllo e soddisfazione di ognuno su ogni singola parte. In linea di massima quello che esce dalla sala prove rispecchia sempre le varie personalità di ognuno, fuse insieme nel progetto CUT. Lo stesso discorso vale per l’aspetto della grafica, si discute tutti insieme partendo da un’idea presentata da uno di noi…

AP: Vale lo stesso discorso per i video?

No, per i video ci siamo spesso appoggiati a collaboratori esterni, sia per ovvie questioni di padronanza tecnica, sia per avere un punto di vista differente sulla nostra musica. Il cortometraggio Will U Die 4 Me? è opera di Elena insieme a dei suoi collaboratori e collaboratrici. Il video di Sugar Babe, che è una versione editata e corretta del corto, è stato montato con grande abilità da Aniello Greco, regista indipendente napoletano. Mentre il nostro ultimo video, per la title track dell’album, è stato realizzato dalla regista Barbara Fantini. Ah, dimenticavo il nostro primissimo video, che accompagnava un paio di brani di Operation Manitoba in una specie di collage visivo molto camp, denominato STUFF. La regista in questo caso è stata l’artista/ricercatrice multimediale Maja Kuzmanovic, una ragazza croata che vive in Olanda e che con pochissimi mezzi ha realizzato, secondo me, un piccolo classico del kitsch underground.

SS: Come si riflettono le varie forme d’arte di cui fruite nell’arte che producete?

La musica e le altre forme d’espressione fanno naturalmente parte delle nostre scelte estetiche, è indubbio quindi che le nostre preferenze si riflettano in quello che suoniamo. Naturalmente però ognuno di noi ha un proprio percorso interiore. Comunque è un discorso molto sfaccettato, bisognerebbe fare una distinzione tra quello che ci influenza concretamente e quello da cui ci piacerebbe essere influenzati, molto spesso infatti hanno molto più peso cose che non ti piacciono oppure eventi, situazioni, stati d’animo…

SS: I vostri concerti sono sempre intensi, trascinanti, rock n’ roll nello spirito e nella sostanza. Che importanza rivestono i live set nel vostro modo di esprimervi?

Non c’è un aspetto premeditato, tuttavia questo ricopre un ruolo molto importante, poiché il rock ha anche una dimensione “scenica”, per così dire “rituale”, che sarebbe sbagliato ignorare. Un concerto è anche un evento sociale, un momento collettivo in cui la band diventa catalizzatrice di un rito che mette in secondo piano l’ego del musicista come singolo, a vantaggio di uno spirito di aggregazione tra chi suona e chi ascolta. Per noi è importante che lo spettacolo lo facciano i musicisti, senza elementi di distrazione. Passiamo fin troppo tempo davanti a dei monitor o teleschermi per cui almeno i concerti dovrebbero mantenere una certa fisicità.

AP: Come definiresti la vostra estetica?

La nostra estetica, se possiamo dire di averne mai elaborato una, non è certo consapevole. Ognuno di noi vive di troppe influenze diverse per potersi sedere al tavolo con gli altri del gruppo e dire “bene queste sono le caratteristiche della nostra proposta”. Sicuramente prendiamo a piene mani dai cinquant’anni di rock and roll che abbiamo dietro le spalle elaborandolo attraverso le nostre personalità ma ovviamente non siamo un gruppo minimalista né tantomeno postmoderno. Ci mettiamo troppa passione per permetterci un distacco postmodernista e siamo troppo eccessivi per essere definiti minimalisti. Del resto come fai a definirti minimalista quando hai un album fuori che si chiama “Will U Die 4 Me?”. Secondo me siamo una classica rock band modernista sul modello della scena di New York di fine settanta (Blondie, Television, Heartbreakers) ma questo è solo quello che mi piace pensare….

 


© 2001, 2014 SuccoAcido - All Rights Reserved
Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
All images, photographs and illustrations are copyright of respective authors.
Copyright in Italy and abroad is held by the publisher Edizioni De Dieux or by freelance contributors. Edizioni De Dieux does not necessarily share the views expressed from respective contributors.

Bibliography, links, notes:

pen: Andrea Pintus & Salvo Senia

links:

www.soundofcut.com/

www.myspace.com/cuttheband

 
 
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