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Cinema - Cinema Festivals - Review | by Gianpiero Caldarella in Cinema - Cinema Festivals on 11/09/2012 - Comments (0)
 
 
 
Lampedusa in Festival 2012

Lampedusa in Festival è un piccolo ma significativo appuntamento cinematografico ma anche letterario e artistico che ha richiamato, quest'anno, operatori, ospiti, volontari e pubblico da più luoghi dello stivale, ma anche da vari paesi dell'Europa e dell'Africa. L'anima del Lampedusa in Festival è una piccola ma attivissima associazione di Lampedusa: Askavusa, una parola che significa “a piedi scalzi”.

 
 

Il fenomeno immigrazione in questa estate 2012 sembra quasi scomparso dall'agenda dei più gettonati tg nazionali e anche i grandi quotidiani non fanno certo a gara per accaparrarsi le notizie.
Vi ricordate di Lampedusa? Sì, quell'isola in mezzo al Mediterraneo che da decenni è meta di migliaia di turisti e di migranti? Con proporzioni variabili, si intende, alcuni anni erano più gli alberghi a riempirsi di turisti, in altri anni erano i moderni campi di concentramento per migranti chiamati Cpt o Cie a riempirsi fino all'inverosimile. In ogni caso, turisti e migranti a Lampedusa non si sono mai incontrati. Gli ultimi, passavano direttamente dal molo alle gabbie a cielo aperto, attesi solo da forze dell'ordine, Ong, e dal solito drappello di fotografi, giornalisti e videomaker, anche questi in proporzioni variabili, a seconda del numero dei morti che ogni barcone portava con sé. A fine luglio del 2012, invece, sull'isola di Lampedusa, tuttora dichiarata “porto non sicuro”, non c'è un solo migrante. Solo turisti, tanti, quasi a compensare il vuoto dello scorso anno, quando alberghi e ristoranti si lamentavano del trattamento mediatico che era stato riservato all'isola, dipinta solo come l'isola degli sbarchi, con i pochi turisti che si trovavano sull'isola spesso costretti a dare rassicurazioni (sincere) a parenti ed amici sul fatto che lì, nell'isola più a sud d'Europa, non si correva alcun problema di sicurezza personale e che, anzi, se la stavano godendo parecchio. È proprio vero, Lampedusa vista da fuori, o meglio, fatta vedere da fuori, rischia di dare un'immagine di sé deformata, dove non emergono a sufficienza le sue irrisolte problematiche (mancanza di ospedale, difficoltà e costi degli spostamenti, scuole inadeguate o a rischio, benzina e luce più costose, internet a singhiozzo....) e le sue straordinarie bellezze. Bisogna andare più volte a Lampedusa per comprendere l'indole generosa ma diffidente dei lampedusani e le contraddizioni nate dalla cattiva gestione del fenomeno migrazione sull'isola.
Certo, i turisti non si trattengono sull'isola per mesi o per stagioni intere. Neanche il più facoltoso dei magnati russi si sognerebbe di restare a Lampedusa per più di qualche settimana, tranne che non ci si trasferisca. Perché Lampedusa è un regalo che la vita ti fa, il suo mare è così trasparente e pieno di colori e di pesci che tanta bellezza rischierebbe di stordire se non ci sei abituato, mentre funziona meglio di qualsiasi medicina se devi ricaricare le batterie della vita e ripartire. Invece, cosa che sembrerà un particolare scontato, ma non lo è, le decine di migliaia di migranti “ospitati” per mesi nei centri di accoglienza, non hanno conosciuto nulla dell'isola e delle sue spiagge. Solo recinzioni, filo spinato e un'accoglienza che è un mix di (poca) carità e (tanto) disprezzo. Disprezzo inteso come senso di negazione dell'umanità da parte di apparati dello Stato trasformati in automatismi repressivi. Sbarcato-rinchiuso-espulso-o-trasferito. E poi ancora sbarcato-rinchiuso-espulso-o-trasferito. In certe occasioni non si guardava in faccia nessuno e via coi rimpatri di massa. Olè! Però qualcuno dei migranti a Lampedusa ci è tornato, con coraggio, da uomo libero, magari come regista di un documentario o come artista o come professionista dell'assistenza ai migranti o come “semplice” spettatore del Lampedusa in Festival. Potenza di Baglioni, penserete voi, e invece no, perché la kermesse musicale ideata dal big della musica leggera italiana si chiama 'Oscià e si svolge a ottobre. 'Oscià ha il grande merito di fare i numeri, migliaia di turisti, un grande palco, tanti big della canzone italiana che si esibiscono, gli alberghi pieni in un periodo che altrimenti sarebbe classificato come “bassa stagione”. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti affinché la manifestazione organizzata da Baglioni, lampedusano d'adozione, sia apprezzata dai suoi nuovi concittadini. Ben vengano quindi i finanziamenti e la solidarietà, sia pur “leggera” come la musica che spesso viene suonata da quel palco, se serve a sciogliere un sentimento di potenziale ostilità nei confronti dei fenomeni migratori. In sintesi, parlare di migrazione a Lampedusa va bene, specie se non si va troppo in profondità e se alla fine del discorso ci si guadagna qualcosa, dal cameriere all'albergatore, allo skipper.
Però qui la mia intenzione è quella di parlare del Lampedusa in Festival, un piccolo ma significativo appuntamento cinematografico ma anche letterario e artistico che, dal 19 al 23 luglio 2012, ha richiamato operatori, ospiti, volontari e pubblico da più luoghi dello stivale, ma anche da vari paesi dell'Europa e dell'Africa. L'anima del Lampedusa in Festival è una piccola ma attivissima associazione di Lampedusa: Askavusa, una parola che significa “a piedi scalzi”. Non ho mai chiesto perché la decina di ragazzi di Lampedusa che l'hanno costituita (Giacomo, Gianluca, Paolo, Annalisa, Alessandra, Luca, Andrea, Ilaria...) l'hanno chiamata così. Un richiamo al francescanesimo? Forse, dato che ogni anno si riesce a fare tutto con un budget ridottissimo e con un'organizzazione di tipo orizzontale, dove la parola “gerarchia” è sostituita dalla parola “responsabilità”. Le cose da fare vengono esaminate insieme giorno per giorno ed ognuno si autoassegna un compito a seconda delle proprie competenze e di quel lavoro è responsabile e protagonista. Alla fine dei cinque giorni, se si ha la fortuna di assistere alla riunione conclusiva, dove si tirano le somme dell'esperienza e si buttano le basi per il futuro, si capisce che non si è solo realizzato un bel festival, ma che si è creata una piccola comunità formata da una trentina di persone che si sono adoperate senza risparmiarsi e senza pretendere nulla in cambio che non sia un arricchimento personale e la sensazione di aver fatto qualcosa di bello e di utile. Ma, tornando ad Askavusa, non va dimenticato che a piedi scalzi spesso vanno i marinai sulle imbarcazioni e talvolta anche i migranti arrivano in queste condizioni. Si può diventare esperti di fenomeni migratori in tanti modi, passando dal mondo accademico a quello del volontariato, dalle associazioni cattoliche alle Ong che operano in tutto il mondo, ma il piccolo drappello di Askavusa di Lampedusa, dal cantautore Giacomo Sferlazzo a Gianluca Vitale a tutti gli altri, hanno acquisito un'esperienza che è unica nel suo genere. Così come Lampedusa è unica nel suo essere frontiera tra due continenti separati dall'acqua. Loro non arrivano e partono da Lampedusa ma ci vivono e ci lavorano e tra la preparazione di un disco, di un cortometraggio o di un pollo in rosticceria, rappresentano una preziosa fonte di informazione su quanto viene fatto sull'isola dai vari governi, spesso maldestramente e confidando sul silenzio o sull'assenza degli osservatori. E se c'è bisogno di sbracciarsi e perdere ore di sonno o dedicare energie alla prima accoglienza dei migranti, fornendo indumenti o pasti caldi o una doccia, come è stato nella primavera del 2011, loro non si tirano indietro. Per questo e per tanti altri motivi, l'associazione gode di un credito notevole presso grosse e piccole associazioni in Italia e all'estero, oltre che presso centinaia di militanti, facendo spesso da ponte per l'incontro di realtà diverse. Per questo la IV edizione del Lampedusa in Festival ha registrato un miglioramento dal punto di vista della qualità degli eventi proposti, dai film in concorso a quelli fuori concorso, dagli spettacoli teatrali a quelli musicali, dai dibattiti alle mostre.
Per quanto riguarda i film, le sezioni in concorso erano due: “Migrazioni e memorie” e “Democrazia”. Nella prima, coordinata dall'Archivio delle Memorie Migranti (AMM) e curata da Zakaria Mohamed, Ali Hevi Dilara, Mohamed Ba e Salvatore Billeci, ha vinto il documentario “Vera” di Francesca Melandri. Nella seconda sezione, coordinata dal Movimento Giovanile Lampedusa e curata da Stefano Liberti, Costanza Ferrini, Maria Teresa De Sanctis e Mariangela Barbanente, il primo classificato è stato invece “Minotawra: si esporta cambiamento” di Kamikairy Fares. I film in concorso sono stati proiettati sulla spiaggia di Cala Palme, spazio ripulito per l'occasione e “restituito” all'isola dopo anni che non veniva utilizzato. I film fuori concorso invece sono stati proiettati in piazza Castello, in fondo alla centralissima via Roma, e hanno visto una maggiore partecipazione di lampedusani.
Di ottimo livello sono stati anche gli spettacoli teatrali come quello di Pino Petruzzelli -“L'uomo che raccoglieva bottiglie”- o di Mohamed Ba -“Invisibili”- e i concerti o le jam session che chiudevano le serate. Dimostrazione che ci si diverte anche e parecchio per il Lampedusa in Festival e che tra impegno e seriosità c'è una bella differenza.
Inoltre nella sede di Askavusa anche quest'anno è stata allestita una mostra di vignette dal titolo “Oltre Frontiera – Il viaggio di 32 disegnatori da 19 Paesi, 4 Continenti, 1 Pianeta” curata da Marisa Paolucci con la collaborazione del sottoscritto. Tutti autori stranieri che hanno disegnato una nuova geografia dei viaggi e delle migrazioni con una diversa sensibilità “geopolitica”, come scriverebbe la rivista Limes. Una mostra che ha rappresentato il seguito ideale di “Le rughe sulla Frontiera – Lampedusa restiamo umani”, diventata poi un libro per la Navarra Edizioni, dove una trentina di disegnatori italiani, da Ellekappa a Makkox, da Vauro a Staino, da Scarabottolo a Mauro Biani raccontavano di un'unica frontiera, quella di Lampedusa. Quella mostra era dedicata a Vittorio Arrigoni e ancora oggi è in cammino, dopo essere stata a Cagliari, Palermo, Bolzano, Castelbuono... Attualmente è a Viterbo nei locali dell'Arci dove è stata accolta con entusiasmo dai fantastici soci e organizzatori che l'hanno voluta, sostenendo così la lunga marcia a piedi scalzi di Askavusa.
Un cristo con zaino in spalle che cammina sulle acque verso l'isola di Lampedusa sullo sfondo è invece la visione che l'artista Elena Ferrara ha voluto regalare al Festival, realizzando un grande murales in bianco e nero su un muro nei pressi del Porto Vecchio. Lo vedranno i prossimi migranti. Perché ce ne saranno. Un governo può costruire nuove carceri, ma non può cambiare la geografia e Lampedusa non potrà mai confinare con Latina o con Bologna.
Benché qualcuno faccia notare, lavorando da operatore per i rifugiati in Libia, che le politiche italiane sui migranti non sono cambiate con il cambio al governo e che stando a Tripoli non si è potuto non notare la coincidenza tra la visita del ministro Cancellieri in Libia e l'inizio delle deportazioni dei migranti verso sud nei giorni successivi. Eccezion fatta, pare, per somali ed eritrei, perché altrimenti rischierebbero di perdere la faccia. Coincidenze, già, così come è una coincidenza il fatto che durante la missione militare alleata in Libia nel 2011 -fanno notare gli attivisti di Boats4People- allorquando quel tratto del Mediterraneo era pattugliatissimo da imbarcazioni e mezzi militari, ci sia stato il più alto numero di naufragi e morti in mare tra i migranti. Eppure, in teoria, sarebbe stato più facile prestare soccorso a mezzi in difficoltà. Se veramente è andata così, come cercano di ricostruire gli attivisti internazionali di Boats4People che hanno viaggiato da Cecina a Palermo a Monastir in Tunisia a Lampedusa, è possibile parlare di omissioni di stato? E non solo quello italiano, si intende, tanto che una causa è già stata avviata a Parigi contro il governo francese. Ma per dimostrare questo ci vogliono mappe, cartografie, testimonianze. Bisogna “controllare i controllori”, come dicono gli attivisti di Boats4People.
Tutto questo è stato il Lampedusa in Festival. Anzi no, è stato anche una mattina all'Isola dei Conigli con la Rete del Caffè Sospeso, una serata a Porta d'Europa dove tra gli altri, il nuovo sindaco Giusi Nicolini si è fatta interprete del “vento che cambia”, riconoscendo agli “strani” ragazzi di Askavusa il merito di far parte di Lampedusa. Anche se, va detto, spesso dimenticati da Lampedusa, come il “presunto ordigno bellico” segnalato da un cartello sulla spiaggia dell'isola dei Conigli dal 2011 o il “vecchio” aeroporto in cui sono atterrato il 18 luglio. Mentre il nuovo, un immenso sovradimensionato edificio di cemento e vetro, veniva inaugurato qualche giorno dopo dal presidente del senato Renato Schifani. Una struttura così eccessiva, come una cattedrale gotica caduta sul fianco, dove ci si sente piccoli. Un palazzone che potrebbe apparire l'ennesima beffa dello Stato se veramente ad ottobre dovesse cessare la convenzione con la compagnia di linea per mancanza di fondi. Chissà, forse era meglio mettere da parte i soldi per il carburante degli aerei piuttosto che costruire un nuovo modernissimo aeroporto, con sale conferenze ed enormi spazi inutilizzati che potrebbero un giorno essere riconvertite in strutture di prigionia o abbandonate a sé stesse. Come il “Parcking” di una città fantasma, giusto per darsi un tono di internazionalità e volare alto. A questo punto, forse è meglio andare a piedi scalzi, Askavusa.

 


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Gianpiero Caldarella

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askavusa.blogspot.it

 
 
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Le indicazioni del parcheggio davanti il nuovo aeroporto di Lampedusa. L'inglese è approssimativo, chissà come sarà tradotto in braille!
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Lampedusa in Festival a Porta d'Europa
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La sala conferenze dell'aeroporto di Lampedusa
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Cartello che segnala il presunto ordigno bellico all'isola dei Conigli da ormai un anno
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L'artista Elena Ferrara al lavoro durante la realizzazione di un murale al Porto Vecchio
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