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Theatre - Theatre Reviews - Review | by Giovanni Vernucci in Theatre - Theatre Reviews on 19/09/2008 - Comments (0)
 
 
 
Giona il profeta / Domenico Castaldo

il Laboratorio Permanente di Ricerca sull'Arte dell'Attore di Domenico Castaldo inaugura il festival senese dedicato alle compagnie che mettono al centro della loro ricerca il lavoro attoriale con uno spettacolo dedicato ad una rilettura postmoderna di un episodio biblico.

 
 

Siena. Teatro dei Rozzi. 18-09-’08 FINO ALLA FINE DEL MONDO FESTIVAL. Laboratorio Permanente di Ricerca sull'Arte dell’Attore. Di e con Domenico Castaldo. Giona il profeta.

Domenico Castaldo rappresenta il profeta Giona. Immagine corporale profetica, teatralmente figurale, dei tre giorni in cui il Cristo, prima di risorgere, se ne sta nel ventre della terra nera. Madre terra nera. Ah!

Vista la coloritura contemporanea che la drammaturgia (non è specificato, ma immagino sia dell’ ottimo attore stesso, giustamente presente, e presente in apertura, in esordio, alla prima sera di “questo” festival, il quale cura anche la regia) dà all’interpretazione del mito biblico, dobbiamo vedere un’apertura di speranza, un avviso di ottimismo nel futuro, uno slancio di fiducia progressistica, per la nostra realtà italiana ridotta così malaccio. Oggi fallita ufficialmente l’Alitalia. Oggi decretata ufficialmente la recessione e la previsione del PIL e dei consumi statici o sotto zero. Oggi giornata della rappresaglia etnicotribale sulla Domiziana.

Alle spalle dell’attore, il quale userà al massimo 3 metri quadrati, producendo una tensione e uno studiatissimo moto, intelligentemente dal punto di vista scenico e pur vario muovendosi sempre in poco più che 1, su una pedana di poco sopraelevata (la quale contribuisce a racchiudere la scena concentrandola) Gianni Maestrucci sonorizza percuotendo e strofinando, con le sue bacchette, uno xilofono a canne e varie altre percussioni belle a vedersi. Qualche colpo ai bandoni di lamiera che riflettono ramei e bronzei svolazzano ai lati lo dà anche l’attore col suo bastone nodoso e legnoso da profeta elegante. E saranno momenti drammaturgicamente importanti visto l’accompagnamento che ne fanno anche le luci. Ad esempio il momento topico prima del silenzio inghiottito, quello dello sprofondamento nelle viscere della gigante creatura degli abissi, madre oceanica piena di vite in origine, ma anche di escrementi fecali di altri animali morti corrosi digeriti; ed entrambi i gruppi spingono alla stessa maniera. Misteri della vitamorte.

Partiti i lunghi e sentiti applausi, ci sono volte in cui gli applausi si sentono più forte di altre, si riaccendono le luci sull’attore napoletano che suona improvvisando col musicista che ha diviso con lui la scena, costituendo la scena; tale è l’intensità dell’interplay che me lo sento: finirà che due o tre colpetti li darà anche al musicista biancovestito e dalla celeste naturalezza, attorniato dopo lo spettacolo, alla bevuta eccelsamene esemplare offerta dal Consorzio del Chianti Classico, da sei belle ragazze nel fior degli anni. Puntuale arriva infatti il colpetto finale affettuoso sul corpo del musicista. Ma l’uso delle spazzole sui piatti come se davvero stesse spazzolando, quello no, non me lo aspettavo. Ecco anche cosa ci vuol comunicare Domenico salutando il pubblico senza inchini: l’attore non usa le spazzole per suonare le percussioni; con le spazzole, le spazzola.

Va bè, tanto ormai avete visto che questo scritto ha una struttura contorta e fallace con parentesi zoppicate, ve lo metto qui. Un appunto sulla validità drammaturgica di un passaggio dello spettacolo. Quel passaggio dove si dice che gli abitanti di Ninive si chiamano per caso Milanesi, quelli che non sanno neanche come lodare Dio, il Dio che magari tanto tengono presente. Ecco, davanti ai Milanesi, Milanesi di qualsiasi città, nazione o latitudine, magari, la cosa non funzionerebbe. E’ un po’ diciamo, a tesi. E ve lo dico io, maremmano, bianciardiano, antropologicamente antistante ai Milanesi più e più dei Romani o dei Napoletani.

Da notare molto positivamente invece l’atmosfera mediterranea, l’efficace, a tratti spassosa, commistione + sfondamento postmoderno delle fonti e dei contesti storici.

Poi lo spettacolo finisce proprio così: che la voce di Dio e la voce di Giona sono una cosa sola.

Che Dio e Giona sono una cosa sola. Che Dio e i suoi eletti sono una cosa sola. Che Dio e chi per lui parla sono una cosa sola. La medesima ora.

 

 


© 2001, 2014 SuccoAcido - All Rights Reserved
Reg. Court of Palermo (Italy) n°21, 19.10.2001
All images, photographs and illustrations are copyright of respective authors.
Copyright in Italy and abroad is held by the publisher Edizioni De Dieux or by freelance contributors. Edizioni De Dieux does not necessarily share the views expressed from respective contributors.

Bibliography, links, notes:

@Fino alla fine del mondo festival, Siena

Pen: Giovanni Vernucci

links:
http://www.laboratoriopermanentedicastaldo.it
www.myspace.com/finoallafinedelmondo


PROFILO DEL LABORATORIO

Il Laboratorio Permanente di Ricerca sull’Arte dell’Attore
Dal 1996 «…lavoro per allargare l’isola di libertà che porto»

LAB
luogo o ambito in cui si producono esperienze innovative

PERM
che non viene chiuso mai e perdura nel tempo

DI RICERCA
di attività pratiche, intellettuali, culturali, che fondano e sviluppano il complesso del sapere dell’uomo.

SULL’ARTE
sull’attività umana che si svolge con l’applicazione di una tecnica e richiede apprendimento, esperienza e attitudini

DELL’ATTORE
di chi partecipa attivamente e direttamente ad una vicenda reale

L’attore è colui che si agita e sbraita su di un palco o è colui che vive una vicenda della vita reale. In questa definizione sta uno dei primi intenti del nostro lavoro: quello di fare del teatro un luogo necessario, la cui funzione si rinnovi e si svincoli dai cappi culturali. Il laboratorio dunque lavora per fare Cultura, non ricalca né ribadisce quello che la Cultura (dei giornali, delle istituzioni, delle linee di pensiero, ecc.) detta o presta come moda o codice.
Fare Cultura implica la conoscenza in un campo: il LABORATORIO sta affondando i propri strumenti nel campo dell’arte dell’attore, sta cercando risposte sulla propria funzione, e quella del teatro. Quali sono le risposte trovate? Molte e molto articolate, in una sintesi dobbiamo vivere una verità: una verità fatta ad arte, una verità più vera e vibratile di quella della vita quotidiana, una verità tangibile che sappia aprire porte dove il pensiero comune ha eretto muri.

 
 
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