Siena 29/11 Casa del teatro Lia Lapini. TEATRINSCATOLA .
Teatro dell'esausto. Foie gras .

Ho seguito la data finale (granfinale!) dello “Zoomfestival” di Scandicci; non ero ancora riuscito a vedere questo spettacolo, prodotto in seno allo stesso Teatro Studio di Scandicci e presentato in prima nazionale proprio durante l'interessante festival teatrale del comune fiorentino. Dunque, e per fortuna, sono riuscito ad incrociarlo a Siena, fuori porta Pispini, alla Casa del Teatro Lia Lapini, nell'ambito del coraggioso “Teatrinscatola”.

Il calendario del festival è variamente nutrito ed ospita, oltre a spettacoli teatrali, mostre, danza, incontri, momenti laboratoriali formativi, film (in collaborazione con la cittadina Facoltà di Lettere e Filosofia).
Protagonisti dello spettacolo sono due attori che stanno in scena praticamente tutta la durata.
Uomo e donna nel giardino sono. Il giardino potrebbe essere un qualsiasi parco pubblico italiano nostro contemporaneo. La resa scenica è data semplicemente da una dozzina di giovani piante d’alloro nel loro vaso da vivaio. Sistemate e rispostate variano e ricompongono la scenografia (o almeno li suo secondario piano) ulteriormente aiutata da proiezioni fotografiche di fondale; frascami e verzure rendono il verde vegetale arboreo. Il primo piano della scena è occupato, invece, da una panca nera, una qualsiasi panchina del qualsiasi parco di cui sopra.
Prendendo un tè bollente, portato nella borraccia termica, i due conversano serratamente, forse pettegolano. E qui la prima cosa da dire riguardo il testo grassamente farcito di interni giochi linguistici, un’evoluzione naturale della metrica e della ritmica, della rima e dell’assonanza; in un ‘gioco’ tra figure retoriche c’è uno studio ed un uso del significante, della parola recitata, che diventa protagonista e basta allo spettacolo.
Il numero maggiore delle battute è affidato al personaggio femminile; l’uomo sembra un comprimario, risponde, ribatte, sta al dialogo, segue partecipando. La parte della ‘protagonista’, dal punto di vista attoriale (soprattutto dell’interpretazione del tono delle battute) è più ardua da condurre. Se il bravo attore maschile non incorre in sbavature mai, l’attrice che pur tiene bene fisicamente il primo piano della scena, anche se non agilissima sui tacchi, non riesce nella modulazione, nella variazione, nell’accompagnamento (soprattutto nell’inseguire il ritmo della parola testuale) delle sue battute. Ribadisco e comprendo la difficoltà, il peso e la lunghezza della parte ma il difetto si fa purtroppo notare sulla lunga distanza.
Un colpo di scena veramente dall’effetto riuscitissimo, un 10 che vale il prezzo del biglietto, è l’effetto pioggia o irrigazione; con bottiglie di bibita gassata all’anidride carbonica e altrettanti confetti caramellati, tappi bucati e nient’altro viene realizzata un’idea semplice e geniale. Un tocco di leggerezza viene portato da una canzoncina e dall’interpretazione che ne danno gli attori. I registri più ironici e quelli più svagati sono quelli più congeniali al duo. Quando poi, verso il finire, si abbassa la luce, sembra davvero che si faccia il tramonto nel cielo, sembra davvero la fine del giorno che cala su qualche periferia urbana postmoderna non degradata. Un’ immagine emblematica scaturisce da questo lavoro, quasi una sua cifra. Un particolare con molta importanza, un dettaglio significativo.
Sul finale c’è una caduta di qualcosa, non so… forse subentra la stanchezza, forse c’è un calo di tensione dovuto alla prima in uno spazio diverso da quello di casa. Forse c’è qualche svista di regia, forse è solo un’impressione, forse bisognerebbe rivederlo. Insomma, gli applausi tardano un goccino ma quando scattano sono tanti e meritati, anche se non lunghi né ripetuti nè profondamente sentiti.
Ah, una cosa…attenti al matrimonio, al mercimonio, al patrimonio, sono idee dalla pericolosa realizzazione, rischi grossissimi.