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Comics - About Comics - Interview | by SuccoAcido in Comics - About Comics on 20/02/2006 - Comments (0)
 
 
 
Hurricane Ivan & Puck il Nano

In occasione dell'uscita di The Artist 6 (di cui vedete la copertina di Bill Wray), Succo Acido pubblica un'intervista inedita al direttore irresponsabile Ivan Manuppelli (Hurricane Ivan) e una conversazione con la star dei fumetti underground Puck il Nano (anche quella...). L'intervista è stata realizzata ai tempi di The Artist Acid Test, un numero speciale diviso in due parti.

 
 

SA: Per prima cosa vorrei chiederti se puoi parlarci un po’ del movimento di fumetti underground....quando e come è nato? Chi pensi sia l'artista o gli artisti che hanno "iniziato" tutto?
HI: Oh, beh…mi viene da sorridere se mi chiedi una cosa del genere: la domanda è proprio la stessa che ho rivolto a tutti gli artisti che ho intervistato nei vari numeri di The Artist relativi alla cultura underground. Quindi stare dall’altra parte della conversazione e sentirmi chiedere proprio questa cosa mi fa parecchio strano, non c’è che dire… Comunque, da quanto sono riuscito a capire sono stati diversi i fattori che hanno portato alla nascita del movimento. Prima cosa, la maggior parte degli autori che caratterizzarono il fumetto underground crebbero leggendo il Mad Magazine degli anni ’50 e le varie altre pubblicazioni della EC e di Harvey Kurtzman. Tutta roba assolutamente all’avanguardia per l’epoca, i primi fumetti a scagliarsi contro il perbenismo della società borghese! In pieno periodo di boom economico e di violento maccartismo, queste prime pubblicazioni riportarono a galla le paure e le perversioni di quell’America perfetta che tanto perfetta non era. Non riesco a pensare all’underground senza questa precedente parentesi e senza un personaggio-cardine come Harvey Kurtzman: non è un caso che fu proprio lui a pubblicare nei primi anni sessanta i primi disegni di un giovanissimo Robert Crumb.
E poi non bisogna sottovalutare tutto il contorno politico e sociale che accompagnò il periodo d’oro dell’underground: i gruppi femministi, il massacro del Vietnam e l’incapacità del presidente Nixon, la nascita del movimento hippie, la contestazione dell’america nera, la ricerca di nuove esperienze mistiche e la grande voglia di fare qualcosa che davvero rivoluzionasse i fatti sia in campo artistico che sociale. Sono tutte tematiche che nei fumetti underground degli anni sessanta e settanta ritroviamo a pacchi. Credo che questi debbano anche esser visti come un’importante cronaca di quel periodo: anche se le storie sono spesso goliardiche e visionarie, è l’atmosfera che si respira, il modo di parlare dei personaggi a darci un’idea particolare del momento storico.
E poi c’è il discorso della Poster Art, l’arte di realizzare manifesti artistici per spettacolo e concerti, una cosa analoga a quelli di Toulouse Lautrec per il Moulin Rouge… i vari poster artisti (già attivi prima della nascita del fumetto underground) non solo contribuirono a creare l’immaginario psichedelico con le loro immagini distorte e i loro colori acidi, ma furono anche fondamentali per il fumetto underground vero e proprio. Non è un caso che tra i cartoonist più apprezzati del movimento spiccano proprio gli ex poster artisti Victor Moscoso, Rick Griffin e Greg Irons.
Per quanto riguarda il discorso del primo fumettista underground che abbia messo piede sulla Terra, non credo sia così facile dirlo con esattezza…se vuoi una mia opinione io direi proprio il già pluricitato Harvey Kurztman, oppure il grandissimo Basil Wolverton, che creò tutta quella serie di lettrici deformi di Mad…ma sono tutti artisti degli anni ’50, e seppur considerati numi tutelari dai vari Crumb & Shelton & compagnia, sono convinto che qualche cultore di underground più pignolo di me (che poi tanto cultore non sono) storca il naso a sentirsi questi nomi come primi artisti del movimento. Ho letto sulla bellissima prefazione di Zap Comix (ed. Stampa Alternativa) che i primi fumettisti underground siano da considerarsi Frank Stack (per gli amici Foolbert Sturgeon) e Jack Jackson. Il primo l’ho intervistato sull’ultimo The Artist e già pubblicava negli anni ’50 per poi diventare uno degli artisti di punta del gruppo degli underground (soprattutto per la sua dissacrante versione hippie di Gesù Cristo). Il secondo ha creato per una rivista universitaria (ecco un altro fattore importante per la nascita dell’underground…le riviste universitarie!) il personaggio di God Nose, che da alcuni è considerato come l’antisegnano del ben più celebre Mr Natural di Robert Crumb. Recentemente Jack Jackson, conosciuto anche come Jaxon, ha illustrato il fumetto “Dead in The West” scritto da Joe R.Landsale.
Ma poi, in quest’accozzaglia di nomi, non posso non metterti quello di Robert Crumb. Non sarà stato il primo, ma sono contrario a quelli che lo snobbano perché è il più inflazionato e pubblicizzato del movimento. Io lo ritengo un puro genio, e senza la sua personalità trascinante e la sua arte schizofrenica non so quanto sarebbe andata avanti la corrente underground. E poi non dimentichiamo che lui ha fondato Zap Comix, rilanciando autori come Shelton, Clay Wilson, Spain, Griffin e Moscoso. Per me è il top.

SA: Quali pensi siano gli ingredienti indispensabili per un fumetto underground di qualità?
HI: Prendere una storia che viene dalle viscere e porla su un vassoio d’argento. Aggiungere una buona dose schizofrenia (200 grammi a seconda delle confezioni) e lasciare rosolare l’animale antropomorfo con dell’acido lisergico. Nel frattempo, leggere il Libro Rosso di Mao e piazzare a palla il primo disco dei Cream giusto il tempo per il riff di “Sunshine of your love”. Al termine dell’operazione, appicare il fuoco alle convenzioni borghesi e inserire il tutto nelle Porte della Percezione per il giusto tempo di cottura.

SA: In Italia ci sono artisti che spaccano? o la maggior parte sono "d'importazione"?
HI: L’italia è sovraffollata di artisti che hanno qualcosa da dire, da quelli che stanno ancora arrancando una via per pubblicare a quelli che ormai considero delle rockstar. Paolo Bacilieri e Squaz li piazzo nella seconda categoria…ritengo che i loro stili siano qualcosa di unico nel panorama italiano e davvero sono al settimo cielo per averli tirati in mezzo con la faccenda The Artist. La copertina di Bacilieri realizzata per il numero 4 (ispirata a una vecchia cover di Crumb per Weirdo) è qualcosa di davvero bello. Senza esagerare, credo che una personalità del genere non abbia molto da invidiare ai vari Pazienza (che per me è Dio), Magnus, Crepax e altri mostri sacri che hanno fatto la storia del fumetto…ho sentito diversi pareri negativi sul suo modo di disegnare troppo lontano dal realistico, ma a mio giudizio (per fortuna parecchio simile a quello di diversi altri che ne sanno più di me) tutte queste critiche non hanno un minimo di senso: chi riesce a far conciliare con assoluta coerenza il fumetto underground alle tradizioni nazionalpopolari di Casa Bonelli è soltanto un genio. E poi, le donne che disegna sono incantevoli e spesso quando faccio fumetti mi ispiro a lui.
Per quanto riguarda Squaz, mi spiace che gli vengano chieste soprattutto illustrazioni. Sono bellissime, non fraintendermi, ma credo che uno con quello stile possa dare un’infinità di cose al fumetto italiano… e se fossi un editore serio, e non il boss di The Artist Magazine, scucirei un sacco di soldi per commissionargli più storie possibili. Per fortuna che c’è Inguine che un po’ provvede.
Ma di artisti te ne citerei a pacchi: Max Capa che ora fa per la Francia delle cose davvero particolari, quel genio grafico di Luigi Corteggi, Maurizio Rosenzweig, Nicoz, Massimo Bonfatti, Matteo Guarnaccia e moltissimi altri…tutti gli autori che ho contattato per The Artist sono tra i miei preferiti e un giorno mi piacerebbe aggiungere alla lista parecchi altri .
Per concludere, nonostante questo bel panorama di artisti, il fumetto italiano sta passando economicamente uno dei suoi periodi peggiori. E gli autori non trovano spazio da pubblicarsi e sono costretti a prostituirsi per la pubblicità, mentre il pubblico è sempre più disinteressato a questo mezzo di intrattenimento pubblicizzato a quota zero. Credo che il problema della Mefistofelica Crisi Del Fumetto Italiano sia davvero un paradosso, con tutta questa varietà di validi autori che non riescono a pubblicare. È troppo facile parlare di crisi quando poi gli editori non hanno più voglia di rischiare come un tempo.
Lo diceva anche Andrea Pazienza, che aveva già intuito come sarebbero andate le cose successivamente: “ Due anni fa c’era una quantità incredibilmente enorme di riviste sulle quali pubblicare. Oggi ne sono rimaste pochissime, molte hanno chiuso i battenti nell’arco di un anno. Quindi se prima c’era un certo potere sull’editore e poter scegliere dove pubblicare, oggi questo non c’è più, gli editori riprendono baldanza”. Ed è fottutamente vero, ora più che mai. A parte la Sergio Bonelli Editore, che comunque per chi disegna realisticamente offre delle grandi possibilità, quasi tutto il resto dell’editoria costringe gli autori ad affidarsi all’underground e autoprodursi più o meno clandestinamente. Non c’è niente di male a far parte dell’underground, anzi è bellissimo perché non devi rendere conto a nessuno e puoi continuare a ricercarti uno stile. Però non si vive di questo e non sempre si riesce ad ottenere subito quella notorietà tanto sperata. Tutta colpa della politica di mercato che ha statisticamente sempre fallito, creando prodotti-ibridi per ruffianarsi il pubblico e abbandonando brutalmente tutto il discorso autoriale. Se devono scegliere tra un giovane autore e un manga per ragazzine vanno sul sicuro e pubblicano l’ultimo. Diiiio, finiranno per fottersi con le loro stesse mani.

SA: Com'è cominciata l'avventura "The Artist"?
HI: L’avventura The Artist è nata come valvola di sfogo per una delusione d’amore. I primi numeri della rivista sono ancora pregni di quel rancore covato e della voglia di dare un taglio drastico allo stile di vita mio e dei miei amici. Era qualcosa che avevo in mente da tempo, l’effetto collaterale di una serie di cose che mi si erano accumulate nella testa: i primi contatti con gli artisti di strada, le tonnellate di Eureka e Mad Magazine comprati alle bancarelle, i versi di Bob Dylan, i sogni di una notte di mezz’estate, le manifestazioni contro l’imminente catastrofe della salita al trono di Berlusconi, la musica rock che mi pulsava nella testa e l’illusione di creare qualcosa che rivoluzionasse un po’ di cose. Il primo progetto di rivista aveva solo i fumetti miei e dei miei amici, e c’era già Puck nelle vesti di presentatore. Portammo il menabò alla preside dell’istituto che avrebbe dovuto finanziarci. La vecchia signora ci ha sbattuto la porta in faccia con un sorriso ammonendoci di essere troppo politicizzati, troppo iconoclasti, troppo giovani e troppo di ogni cosa. Fu proprio da lì che pensai all’autoproduzione come unica ancora di salvezza. Ma no, no…non facciamo i retorici…come è nato The Artist? Allora, diciamo che sulla mia lapide mi piacerebbe leggere: “The Artist è stata una rivista underground nata dalla mente anfetaminica di un certo Puck, un nano con tendenze sovversive scappato da un circo di periferia ormai famoso in tutto il mondo”.

SA: Quanto vi divertite lavorando?
HI: Beh, non c’è che dire…se questa cosa non ci divertisse non l’avremmo neanche iniziata, dato che la resa economica di ogni numero finisce rigorosamente in perdita. Ma è indescrivibile il fascino di poter contare su un vasto numero di artisti, cartoonist, musicisti e pittori che ti danno retta. Oltre alla fase progettuale di ogni numero, fatta di chiacchierate con Ema&Igor e notti sveglio a dare retta alle mie visioni, credo che una delle cose che mi più mi spinga a continuare sia proprio la certezza di poter contare su un vario gruppo di autori italiani, francesi, inglesi, spagnoli ed americani. Mettere su uno stesso giornale il copertinista di Kriminal, l’underground di Hunt Emerson, la Linea di Cavandoli e le ballate politiche del cantastorie Franco Trincale è il meglio che io possa avere.
Ma poi quello che ci fa sentire delle star è soprattutto il post. Leggere le recensioni che parlano bene di noi, sapere che abbiamo dei lettori che ci seguono, disegnare alle fiere e conoscere parecchie ragazze che mi chiedono un disegno di Stanley lo sciacallo (e per me è il meglio che si possa chiedere: togliere del pubblico femminile ai manga, seppur in proporzione millesimale). E poi, volendo, possiamo anche contare di qualche aneddoto da sbellicarsi, Tipo quando ci siamo presentati al lussuosissimo Hotel Executive per promuovere The Artist con l’artista di strada Filippo Auti. Sapevamo che sarebbero nati dei casini e l’abbiamo chiamato anche per questo, oltre che per essere una delle più geniali e visionarie persone che io conosca. Per l’occasione si era portato una tonnellata di quadri e collages,e si era dipinto un paio di stigmati finte con l’acrilico. Poi, da vero provocatore punk, ha mostrato le stigmati al cielo annunciando al pubblico scandalizzato di avere appena avuto un’illuminante visione della Madonna assieme a Craxi e a Mussolini. Infine, agitando l’ultimo numero di The Artist si è messo a girdare :” Comprate The Artist, l’unico giornale che parla dei rapporti sessuali di Padre Pio!”. Le vecchie che passavano erano allibite e l’organizzatore Puccini per poco non ci sbatteva fuori, dato che parecchi si erano lamentati delle strane frasi che provenivano dal nostro stand. Dovevate esserci, da sbellicarsi dal ridere.

SA: Il numero che è appena uscito (Ragà mi avete fatto sboccare dalle risate) è diviso in due parti, come mai questa scelta?
HI: Allora, diciamo che il lato più poetico della mia testa (che per comodità chiameremo “Jack lo Sciupafemmine”) cercava un modo per omaggiare due grandi LP-inno della cultura acida: “Blonde on Blonde” di Bob Dylan e “Sgt. Pepper’s” dei Beatles. Anche loro sono usciti in versione doppia e avevano una strabordante quantità di immagini, suoni e idee. Ma poi il mio lato più realista (che battezzeremo “Dirty la Testa Parlante”) si rese conto che la soluzione doppia era indispensabile per contenere tutta quella roba evitando di fare un The Artist formato vocabolario. E infine, la mia parte più vorace ( chiamatela pure “Famelico Coboldo”) capì che chi avrebbe comprato la prima parte avrebbe poi preso anche la seconda e viceversa, e quindi i soldi sarebbero raddoppiati. I tre, per quanto volessero alla fine la stessa identica cosa, si misero a litigare furiosamente e Jack lo Sciupafemmine scagliò Dirty la Testa Parlante contro il Vorace Coboldo, che la afferrò al volo con i denti. Per fortuna Puck il Nano aprì la stanza e sbattè le ali, facendo un po’ di ordine. Dalla polvere nasceva l’Acid Test diviso in due parti.

SA: Tra i nomi che spiccano in copertina ci sono Gilbert Shelton, Bill Griffith, Foolbert Sturgeon, Matteo Guarnaccia, Mike Diana, John Pound, Daniele Luttazzi, Max Capa, Filippo Auti ed all'interno un sacco di fumetti (originali americani underground tradotti + inediti italiani dell’attuale scena indipendente: Alessio Spataro, Danilo Loizedda, Hurricane Ivan, Squaz, Fernando Caretta, Emanuele Fossati, Fulicardo, Igor Mangano, Raffaele Martinetti, Necci &Donati....chi è l'artista a cui siete maggiormente affezionati?e c'è, magari, qualcuno che vorreste come "special guest" nel prossimo numero?
HI: Per prima cosa vorrei precisare, facendo un torto al mio maledetto egocentrismo, che The Artist è una rivista mia e di Igor Mangano e di Emanuele Fossati. Noi tre costituiamo lo scarnissimo staff redazionale e ci scanniamo quando c’è da mettere soldi, confrontare le idee, gestirsi le fiere. Non riesco a pensare a The Artist senza alle mie due odiate & amate spalle destre. Igor Mangano, proprio come il suo personaggio Coboldo, è l’addetto ai lavori sporchi nonché il tizio che fa casino quando ce n’è bisogno. E poi, tra i tre, è quello con il tratto più pulito e se avesse più fiducia in se stesso potrebbe fare delle belle cose. Peccato sia un rapper. Ema è invece il saggio del gruppo, per quanto a volte sia un po’ troppo coi piedi per terra per dare retta alle mie idee. In ogni caso, se non ci fosse lui, credo che The Artist diventerebbe semplicemente il resoconto delle mie paranoie. E poi il suo Dirty Bastard è un personaggio storico e c’è fin dal primissimo numero della serie, finito in chissà quale dimenticatoio.
Per quanto riguarda tutti gli altri, cerco il più possibile di mantenere dei contatti. Danilo Loizedda, ad esempio, è un vero amico e a volte ci si becca per bere qualcosa e parlare del più e del meno, come fanno i giornali seri con i propri collaboratori. Una volta abbiamo anche fatto una fiera assieme: noi, lui e il suo Wonder Pig che continuava a grugnire.
Osvaldo Cavandoli è ormai un nonno acquisito e ogni volta mi chiama Ivan Il Terribile e mi regala parecchi filmati e disegni. È uno degli autori a cui sono più legato, nonché un maestro dell’animazione italiana e un altro genio. Caretta è il primo professionista che ha dato retta a The Artist e per noi ha creato appositamente il personaggio di Nando. Tino Adamo è un altro dei pezzi forti, dato che è praticamente il nostro inviato alla Bonelli: è lui che ci fornisce i contatti con tutti gli autori della casa editrice ed è stato sempre lui a creare il paradossale legame tra una rivista dichiaratamente underground come la nostra e la più rigorosa delle case editrici. E poi Hunt Emerson, che per noi ha disegnato Zombie Chickens. E infine l’asso nella manica di The Artist: la collaborazione con gli artisti di strada ai quali ho affidato praticamente tutte le rubriche della rivista. Il menestrello Franco Trincale (che scrive per noi sull’ ”Angolo del Cantastorie” e ha fin troppa fiducia in quel che facciamo, tanto da assumermi come suo cartellonista ufficiale!); il burattinaio trotzkista Adrian Bandirali (che gestisce la rubrica artistica “Puppets”) e il visionario Filippo Auti del quale abbiamo già parlato.
Per il prossimo numero, per ora posso dirti solo il nome di John Krickfalusi. Se beccate un diavolo in giro, chiedetegli se possiamo accordarci per barattare una parte della mia anima blues con una conversazione con John K. Il suo “Ren & Stimpy Show”, il cartone animato cattivo per eccellenza, è una delle cose più strane che siano capitate al mio televisore.
Okay, babies…that’s all, folks!

 


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Pen: Francesca Ciancimino

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